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Читаем по-итальянски Antonio Tabucchi Sogno di Cecco Angiolieri


Una notte del gennaio del 1309, mentre giaceva su un pagliericcio del lazzaretto di Siena, avvolto in bende nauseabonde, Cecco Angiolieri, poeta e bestemmiatore, fece un sogno. Sognò che era una torrida giornata estiva e che stava passando davanti al duomo. Sapendo che quel luogo era fresco pensò di entrarvi per sfuggire alla canicola, ma invece di genuflettersi e di bagnarsi le dita nell'acqua benedetta, incrociò le dita in gesto di scongiuro, perché temeva che quel luogo gli portasse sfortuna.

Nella prima cappella a destra c'era un pit tore che stava dipingendo una Madonna. Il pittore era un giovane biondo e sedeva su uno scranno, con la tavolozza fra le braccia, in atteggiamento di riposo. La tavola sacra era quasi finita: era una Vergine dagli occhi obliqui e dal sorriso impercettibile che reggeva sulle ginocchia, adagiato nelle pieghe delle vesti, il bambino Gesù. Il pittore lo salutò con garbo e Cecco Angiolieri rispose con una risata. Poi si mise a osservare il quadro e provò un grande malessere. Lo infastidiva l'espressione di quella signora altera che guardava superbamente il mondo come se avesse in gran dispetto le cose terrene. Fu più forte di lui: si avvicinò al quadro e tendendo il braccio destro gli fece un gesto osceno.

Il giovane pittore balzò dal suo scranno e cercò di fermarlo, ma Cecco Angiolieri, come invasato, si divincolò e fece un gesto osceno anche col braccio sinistro. Allora la Vergine mosse gli occhi come se fossero occhi umani e lo fulminò con lo sguardo. Cecco Angiolieri sentì uno strano brivido in tutto il corpo, cominciò a rattrappirsi e a rimpicciolirsi, vide che le membra gli si stavano ricoprendo di pelo nero, si accorse che una lunga coda gli spuntava fra le gambe e cercò di urlare, ma invece di un urlo dalla bocca gli uscì un miagolio spaventoso e lui, piccolo e furibondo ai piedi del pittore, si accorse di essere diventato un gatto. Fece un balzo in avanti e uno indietro, come impazzito nella mostruosa prigione di quel nuovo corpo, digrignò i denti furibondo e uscì dalla chiesa miagolando selvaggiamente. Intanto sulla piazza era calata la sera.

Cecco Angiolieri dapprima strisciò lungo le pareti, poi si guardò intorno per vedere se qualcuno faceva caso a lui. Ma la piazza era quasi deserta. Sull'angolo, vicino a una taverna, c'era un gruppo di giovani dall'aria furfantesca che avevano portato fuori i boccali e bevevano. Cecco Angiolieri pensò di passare davanti alla taverna, perché aveva fame, e forse avrebbe potuto trovare qualche crosta di formaggio. Strisciò lungo il muro della taverna e passò davanti alla porta, che era illuminata con due torce sugli stipiti. A quel punto uno dei giovinastri lo chiamò, facendo il tipico rumore delle lab bra che si fa ai gatti, e gli fece vedere una cotica di prosciutto. Cecco Angiolieri si precipitò ai suoi piedi e prese in bocca la cotica, ma in quel mentre i giovani lo afferrarono e stringendolo forte lo portarono dentro la taverna.

Cecco Angiolieri tentò di mordere e di graffiare, ma i giovinastri lo tenevano ben saldo: chi gli stringeva la bocca e chi gli immobilizzava le zampe, cosicché nulla potè fare. Quando furono dentro i giovinastri presero il barattolo di pece che serviva alle torce e gli cosparsero ben bene il pelo con l'unguento. Poi, con una torcia, gli appiccarono fuoco e lo lasciarono libero. Cecco Angiolieri, trasformato in una palla di fuoco, schizzò fuori miagolando terribilmente, si lanciò contro le pareti delle case, si rotolò per terra, ma il fuoco non si spengeva. Comin ciò a percorrere come una saetta le buie viuzze di Siena, illuminandole al suo passaggio. Non sapeva dove andare, si lasciava trasportare dall'istinto.

Svoltò due angoli, percorse tre vie, attraversò una piazzuola, salì una scalinata, arrivò davanti a un palazzo. Lì viveva suo padre. Cecco Angiolieri salì lo scalone, passò accanto ai servi spaventati, entrò nella sala da pranzo dove suo padre stava cenando e urlò: padre mio, sono diventato un fuoco, vi prego, salvatemi! E in quel momento Cecco Angiolieri si svegliò. I fisici gli stavano togliendo le bende e il suo corpo, ricoperto dalle terribili piaghe del fuoco di Sant'Antonio, gli bruciava come una fiamma.


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