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Читаем по-итальянски Marcello Fois Nulla (8)


Ora scappa verso casa. Pazza cicciona! Bette grassa! Grassa che poledda! Prena che ovu! Ora tua madre è entrata in cucina, ancora odore di sugo ben cotto. Ora ti dice che non devi farlo più, che sei la vergogna della famiglia. Gridare a quel modo contro i ragazzini del vicinato. Che con i vicini non c’è mai stato niente! Che se sei proprio matta ti rinchiudono in manicomio!

Deo chin su bichinau mancu punta ’e pilu! Si ses macca ti juchimus a Rizzeddu! Che sei la vergogna di quella casa onorata! Dallo specchio arriva l’immagine della pazza cicciona in tutta la sua strabiliante verità di cosce abrase a furia di sfregarsi l’un l’altra e polsi larghi come le mani e piedi che debordano dalle pantofole. Dallo specchio arriva l’immagine di un patetico fantoccio. Sotto la fronte, tentando di emergere dalle palpebre, gli occhi sono di un nero febbrile. L’abito è un camicione senza forme.

Che cosa dice il medico? Bisogna costringerla a muoversi, deve fare gli esercizi, il cuore soffre…

Nelle notti che non vogliono passare, tua madre veglia. Per aspettare qualcuno dei suoi eroi che ha fatto tardi. Ciondolando in cucina dove il mobile letto si lamenta ad ogni movimento della cicciona. Tanto lei quando dorme non la sveglia nessuno.

Non è tanto il disturbo. È quell’ansia. Che si placa solo quando riconosce il rombo del motore o i passi. E sente dal respiro che il figlio di turno, un pezzo del suo futuro, un pezzo della sua carne, ha bevuto troppo. Si è riempito di vino facendo la Via Crucis tra un bar e l’altro.

Non c’è niente da fare per i giovani qui. Itte poden fáchere. Ripete alle volte. Non si accontentano più, pensa fingendo di non accorgersi che il figlio, uno dei pilastri, traballa, che magari diventa violento.


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