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Читаем по-итальянски Antonio Tabucchi Sogno di Lucio Apuleio, scrittore e mago


In una notte di ottobre del 165 dopo Cristo, nella città di Cartagine, Lucio Apuleio, scrittore e mago, fece un sogno. Sognò di trovarsi in una cittadina della Numidia, era la sera di una torrida estate africana, lui passeggiava vicino alla porta principale della città quando fu attirato da risa e da schiamazzi. Attraversò la porta e vide che vicino alle rosse mura d'argilla c'era un gruppo di saltimbanchi che davano spettacolo.


Un acrobata seminudo, col corpo tinto di biacca, si dimenava in bilico su una corda fingendo di essere sul punto di cadere. La folla rideva e temeva, e i cani abbaiavano. Poi l'acrobata perse l'equilibrio, ma si afferrò con una mano alla corda restando appeso. La folla ruppe in un grido di spavento e poi applaudì contenta. I saltimbanchi girarono un argano che teneva tesa la corda e l'acrobata si calò a terra facendo mille smorfie. Un pifferaio avanzò nel cerchio di terra battuta illuminata dai bagliori dei fuochi e cominciò a suonare una musica orientaleggiante. E allora da un carrozzone uscì una donna dai seni abbondanti, coperta di veli, che teneva in mano una frusta. La donna avanzò frustando l'aria e si avvolse il corpo con lo scudiscio. Era una donna dalla capigliatura mora e dalle occhiaie profonde, e il belletto del viso, a causa del sudore, le colava lungo le guance.


Apuleio avrebbe voluto andarsene, ma una forza misteriosa lo obbligava a restare, a tenere gli occhi fissi su quella femmina. I tamburi cominciarono a suonare, prima lentamente e poi con frenesia, e a quel punto, da sotto il telone dove stavano le bestie, uscirono quattro maestosi cavalli bianchi e un povero asino stanco. La danzatrice fece schioccare la frusta e i cavalli si impennarono dando inizio a un veloce carosello. L'asino si adagiò da una parte, vicino alle gabbie delle scimmie, e con la coda prese lentamente a
scacciarsi le mosche. La danzatrice fece schioccare nuovamente la frusta e i cavalli si fermarono e si inginocchiarono emettendo lunghi nitriti. Allora la donna, con un'insospettata agilità per la sua corpulenza, spiccò un balzo e tenendo un piede su un cavallo e un piede sull'altro, cominciò a cavalcare due bestie tenendosi ritta con le gambe divaricate sulle loro groppe. E cavalcando agitava oscenamente il manico della frusta davanti al ventre, mentre la folla mormorava per il divertimento. Allora i tamburi smisero di suonare e l'asino stanco, come se obbedisse a un ordine invisibile, si girò sulla schiena, con le zampe all'aria, ed esibì al pubblico il suo fallo eretto. La donna, girando in tondo, gridava che al proseguimento dello spettacolo potevano restare solo quelli che avrebbero pagato monete suonanti, e due saltimbanchi vestiti da guardie, muniti di frusta, cacciarono i ragazzi e i mendicanti.
Apuleio si ritrovò solo, nel cerchio dei pochi. Trasse dalla borsa due monete d'argento, pagò, poi si mise a guardare lo spettacolo. La donna afferrò il fallo dell'asino e strusciandoselo con lussuria sul ventre cominciò a danzare una languida danza, scostando i veli per mostrare le sue grazie. Apuleio si avvicinò e alzò una mano, e allora l'asino aprì la bocca, ma invece di ragliare emise parole umane.
Sono Lucio, disse, non mi riconosci?
Quale Lucio?, chiese Apuleio.
Il tuo Lucio, disse l'asino, quello delle tue avventure, il tuo amico Lucio.
Apuleio si guardò intorno convinto che la voce venisse dalle vicinanze, ma la porta delle mura era già chiusa, le sentinelle dormivano e dietro di lui respirava silenziosa la fonda notte africana. Questa strega mi ha fatto un maleficio, disse l'asino, mi ha imprigionato in queste sembianze, solo tu puoi liberarmi, tu che sei scrittore e mago.
Apuleio balzò verso il fuoco e afferrò un tizzone ardente, tracciò nell'aria dei segni, pronunciò le parole che sapeva di dover pronunciare. La donna gridò, sulla bocca le si disegnò una smorfia di disgusto e il suo volto cominciò a raggrinzirsi assumendo le sembianze di una vecchia. Allora, come per incanto, la donna si dissolse nell'aria, e con lei sparirono i saltimbanchi, la cinta delle mura, la notte africana.
Improvvisamente fu il giorno: era una splendida gior nata di luce, a Roma, Apuleio passeggiava lungo il Foro e accanto a lui passeggiava l'amico Lucio. Passeggiando chiacchieravano, e intanto guardavano le schiave più belle che si aggiravano per il mercato. A un certo punto Apuleio si fermò e trattenendo Lucio per la tunica lo guardò negli occhi e gli disse: stanotte ho fatto un sogno.


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