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Читаем по-итальянски Marco Bettini Color sangue (43)


«Si può fare», rispose Marco, pensando che Illustri amasse proprio il tipo di giornalismo che diceva di disprezzare. Lacrime e sangue senza andare troppo per il sottile.

«Ma io che c’entro?» continuò. «Non scrivo un pezzo da anni. Se vuoi un’inchiesta devi darmi il tempo di farla, e siamo così pochi che non possiamo permetterci di staccare nessuno dalla scrivania. L’hai detto tu, ricordi? Senza contare che tra un po’ saremo ancora meno, se ho capito bene le intenzioni dell’editore.»

«Senti», si risentì Illustri come se il cane di casa gli avesse morso la mano. «Lascia perdere le tirate da sindacalista. Ti sto dicendo che, se vuoi, puoi tornare a fare il cronista. Questa inchiesta è l’inizio, ce ne saranno altre. Ho bisogno di qualcuno che non banalizzi tutto, che racconti una storia senza scadere nella sociologia. E tu lo sai fare. Posso sostituirti in cucina. Pensaci su, ti sto offrendo l’azione, non è quello che vuoi?»

«Certo», si arrese Marco. «Mi interessa.»

«Ti voglio in strada a partire da domani. Oggi puoi farti aggiornare sulla storia dai neristi», sorrise Illustri, gustando la vittoria.

«Prima ci sarebbe una cosa», aggiunse Marco.

«Sì?»

«Ho in mente un pezzo sui sotterranei del policlinico. Sono un rifugio per barboni. Credo che la gente, in città, sarebbe interessata a saperlo. Vorrei scriverlo subito.»

«Chi è l’amministratore dell’Ausl competente?», finse di aver dimenticato Illustri.

«Corradi. Nomina dei comunisti.»

«Va bene», acconsentì il direttore. «Però da domani sei sullo squartato, d’accordo?»

«D’accordo.»


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