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Читаем по-итальянски Marco Bettini Color sangue (35)


Claudia si lasciò trainare solo per pochi metri e poi mise in azione le sue gambe da atleta, pur ostacolate dal tacco delle scarpe. Marco se la trovò davanti e faticò a tenere lo stesso ritmo. Alle loro spalle sentirono risuonare i passi affrettati dell’uomo con la barba.

Al termine del rettilineo, un angolo secco li portò dentro un cunicolo ancora più lungo. Marco pensò che ormai avevano oltrepassato i limiti dell’edificio. Si aspettava di vedere un’uscita da un momento all’altro. Durante la corsa, l’adrenalina lo aiutò a ricordare che i sotterranei del policlinico si stendevano sotto tutta l’area dell’ospedale, passando da un reparto all’altro senza interruzione.

Un visitatore che si fosse trovato al primo piano, dentro il padiglione della nefrologia, per raggiungere l’edificio più vicino, cardiologia, doveva scendere al piano terra, uscire all’aperto, attraversare una strada, percorrere un vialetto fino al piazzale d’accesso, salire le scale ed entrare.

Nei sotterranei, invece, un lungo corridoio portava da un reparto all’altro senza sfociare mai all’aperto, e poi proseguiva con le sue ramificazioni, che collegavano tutti i padiglioni, una cinquantina circa. Chilometri di budelli, bassi e con poca luce, di cui non si intravedeva l’uscita.

Ormai a corto di fiato, Marco vide Claudia, dieci metri avanti a lui, che si era fermata. Di fronte a lei, su un lato del corridoio male illuminato, lampeggiava una porta a vetri.

L’insegna bianca dipinta sopra diceva: Camera mortuaria. Marco la raggiunse solo per accorgersi che la cognata stava tentando inutilmente di forzarla.


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