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Читаем по-итальянски Marco Bettini Color sangue (28)


Attraversò i corridoi dell’ospedale irradiando un’aura esageratamente demiurgica. Ci teneva più che a ogni altra cosa. Più che al denaro, al prestigio e al potere, che invece seducevano la maggior parte dei medici. Casti viveva per provare la vertigine di mostrare agli altri che lui tracciava la rotta che separa la malattia dalla guarigione, la morte dalla vita.

In tanti anni di professione aveva conservato il senso della realtà. Capiva fin dove poteva arrivare. Conosceva i limiti del suo potere. Appunto per questo, godeva della propria abilità quando una diagnosi accurata gli permetteva di evitare sofferenze, risparmiare a uomini e donne mesi di dolore, di farmaci inutili, di terapie dannose.

La maggior parte dei medici si perdona gli errori con facilità. Casti sbagliava meno degli altri e non si giustificava facilmente. Ripensando a Luca Cambi, il nefrologo entrò nel reparto di chirurgia generale, regno incontrastato di ipertrofiche teste di cazzo convinte che il taglia e cuci esaurisca la quintessenza dell’arte medica. Appena incrociò un’infermiera, Casti chiese dove poteva trovare l’eminente professor Giorgio Lama, altrimenti detto il Mago per l’uso geniale che faceva del bisturi.

Come tutti gli specialisti clinici, Casti non amava i chirurghi generici, per la loro singolare pretesa di ritenersi i soli depositari del verbo. Ogni volta che discuteva di un caso con un chirurgo arrivava puntuale una frase, un’alzata di palpebre o un’occhiata a ricordargli che, insomma, il vero guaritore estirpa il male dal corpo, entra nell’anatomia e la ridisegna.

Senza dirlo, i chirurghi pensavano che i clinici si limitassero a studiare fotocopie dell’originale: ecografie, angiografie, elettrocardiogrammi, scintigrafie. Ma poi serve qualcuno che passi dalla realtà virtuale alla carne, che si sporchi di linfa e di grasso, che possieda l’artigianato necessario a costruire la straordinaria architettura della guarigione.


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