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Читаем по-итальянски Marco Bettini Color sangue (18)


«Mica una gran perdita.» Guerrino non aveva resistito e gli era uscita la stessa battuta della mattina. Lo sguardo del capitano Cau lo gelò.

«Vi sono sembrati nervosi, spaventati?»

«No, piuttosto calmi, anzi.»

«Troppo calmi», lo corresse Biavati.

«Hanno fatto qualcosa di strano?»

«No», disse il primo cacciatore.

«No, ma erano lì», disse il secondo cacciatore.

«Va bene», tagliò corto Cau. «Tommaso, hai scritto tutto?»

«Sì, capitano», rispose il brigadiere Agati, stupito perché Cau lo aveva chiamato per nome davanti a due estranei. Il capitano trattava i sottoposti amichevolmente in privato e formalmente in pubblico. Di rado, come quella mattina, gli capitava di confondersi.

«Bene», Cau si alzò per congedarsi dai due testimoni. «Se volete rileggere la deposizione e firmarla, vi faremo sapere quando ci sarà bisogno di voi.»

Marco Cambi, Giulio Nascetti e Angelo Gozzi raggiunsero la redazione. L’ultimo posto nel quale avrebbero voluto trovarsi. Li attendeva una giornata dedicata aspargere l’allarme tra i giornalisti della «Voce della Libertà». Una certa dose di panico era necessaria. Le cose si mettevano male e bisognava coinvolgere tutti. In più, uomini e donne che temono per lo stipendio e per i mutui da pagare sono più disponibili al compromesso, cioè concedono margini più ampi a chi deve intavolare una trattativa.

Stava per cominciare l’inferno del sindacalista, costretto ad accogliere l’ansia dei colleghi e a dispensare rassicurazioni buone come uno yogurt scaduto.

Sarebbe stato un giorno così, ma non per Marco. La segretaria di Illustri lo chiamò sul telefono interno.


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