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Читаем по-итальянски Marco Bettini Color sangue (14)


«Allora» concesse Cau «diciamo che prima di arrivare davanti al cancello della grotta avete incontrato tre...»

«Immigrati», disse Domenico Biavati, il secondo cacciatore. «Perché erano africani di sicuro, sa.»

«No, non lo so», rispose asciutto Cau. «Perché non napoletani, o siciliani, magari?»

«Erano arabi», intervenne sicuro Canevazzi. «Marocchini non lo so, ma arabi di sicuro.»

«Perché?»

«Per via delle facce, dei lineamenti, della pelle scura, no, non da negri ma scura, e dei vestiti. Indossavano una specie di tunica. Sa, come portano gli arabi, appunto.»

«E poi uno» aggiunse Biavati «portava in testa un cappello bianco, una specie di...di...»

«Zuccotto», lo aiutò Cau.

«Sì, sì, zuccotto. Una roba... Non era rigido. Gli stava attaccato alla testa, come un cappello di lana. E davanti aveva una striscia rossa, scura, sì, o forse marrone.»

«Come mai ha notato tanti particolari? Vi siete incrociati solo per pochi secondi. O no?»

«Sì» confermò Canevazzi «ma sono spuntati dalla nebbia mentre camminavamo sul sentiero nel bosco che porta sopra all’entrata della grotta. Lei capisce, ci siamo un po’ spaventati. Li ho guardati bene perché temevo scherzi strani. Vabbè che avevo il fucile in mano.»

«E allora?»

«Allora ci hanno salutati. Be’, non lo so se era un saluto, ma sembrava. Diciamo che hanno detto qualcosa.»

«Cosa?»

«Non ho capito, parlavano in arabo.»

«Lei li ha sentiti?» Cau si rivolse a Biavati.

«Sì, ma non ho capito neanche io. Comunque, dopo che siamo entrati nella grotta ci abbiamo pensato subito. Cosa ci facevano lì, alle sei e rotti del mattino? La città è lontana, a quell’ora fa freddo. Perché giravano nel bosco in un giorno di caccia?

Dopo averli incrociati ho detto a Guerrino: vedrai che si fanno impallinare.»


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