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Читаем по-итальянски Marco Bettini Color sangue (7)


«Allora, possiamo cominciare», attaccò Quindi con un sospiro, tanto per rimarcare il ritardo di Marco. «Se i signori del comitato di redazione sono pronti.»

Il termine signori possedeva una venatura offensiva che i tre giornalisti colsero appieno. Signori significava, nel tono usato dall’editore, persone che non hanno altra ragione per essere qui che il loro ruolo sindacale. Signori, gente qualsiasi.

«Possiamo cominciare», concesse Marco, sapendo di irritare l’editore, che non aveva bisogno di alcun permesso. Il fatto che Quindi fosse una donna di trentaquattro anni, con una messe di capelli biondi, gli occhi verdi e un fisico che, se non era da indossatrice, risentiva positivamente di una costante attività fisica, tra cavalcate quotidiane e jogging, non toglieva nulla all’antipatia che emanava. Pochi, tra i suoi dipendenti, pensavano a lei come a una donna. Era l’editore, che in privato rispondeva al nome di Giorgia De’ Randi e nei corridoi, sottovoce, veniva soprannominata Quindi. Teneva molto al timore che incuteva, portata com’era a confonderlo con una forma di rispetto.

«Vi chiederete perché siamo qui», esordì l’editore, che amava preparare la stoccata.

«Purtroppo» proseguì, avendo già esaurito i preamboli «c’è un grave sbilancio nella contabilità dell’azienda. Il primo semestre evidenzia una perdita di dieci miliardi, perdita che stimiamo in diciotto miliardi per la fine dell’anno. Nonostante gli investimenti onerosi che abbiamo sopportato, come quello per la nuova rotativa da quattro miliardi, i ricavi non sono sufficienti.

«Quindi siamo costretti a evitare sprechi e a chiedere sacrifici ai giornalisti.

«Quindi dal primo giorno del mese entrante taglieremo la voce superminimo aziendale dallo stipendio dei redattori.

«Quindi ridurremo di venti pagine la foliazione delle cronache locali e nazionali.

«Quindi non pagheremo più gli straordinari, che, grazie a una migliore organizzazione del lavoro, non saranno necessari.»

L’editore si fermò. Siccome l’aveva messa giù dura, e si aspettava qualche antipatica reazione, agitò il deterrente finale.

«È chiaro che in caso di scioperi» la voce scricchiolò perché la parola sciopero aveva il potere di irritarla anche se veniva dalla sua bocca «l’azienda sarebbe costretta ad adottare provvedimenti più drastici di quelli annunciati.»

I giornalisti si scambiarono un’occhiata con la quale delegarono Marco a parlare. L’editore prendeva facilmente in antipatia chi rintuzzava le sue provocazioni e tanto valeva lo facesse chi gli stava già molto antipatico.

«Dottoressa» rispose «ci sembrano disposizioni inaccettabili. Come lei certamente sa, il nostro contratto non permette di tagliare voci dello stipendio senza un accordo tra le parti. Forse lo sbilancio di dieci miliardi non esisterebbe se la nuova rotativa che avete comprato non fosse rimasta in Israele perché è troppo grande per entrare nella nostra tipografia.

Prima di tagliare lo stipendio dei giornalisti sarebbe meglio rispedire a casa i manager che le hanno suggerito questo affare.»



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