Отправляет email-рассылки с помощью сервиса Sendsay

Читаем по-итальянски

  Все выпуски  

Читаем по-итальянски Marco Bettini Color sangue (6)


Neanche lui aveva mai visto un cadavere ridotto così. La Volvo si diresse verso il palazzo di periferia che ospitava «La Voce della Libertà», quotidiano anticomunista tenacemente fedele alla sua vocazione. Per Marco si prospettava una giornata difficile. Doveva incontrare Quindi, cioè l’editore, presidente di una società quotata in Borsa che si occupava di giornali, informatica, edilizia, golf e sponsorizzazioni.

Secondo Marco, la principale dote di Quindi consisteva nel far sparire dai bilanci decine di miliardi di utili attraverso triangolazioni finanziarie con società estere appositamente create per inghiottire capitali, prosciugare rendite, azzerare il debito con il fisco, eludere le richieste di paghe migliori.

Il viaggio da casa fino alla redazione del giornale, in mezzo al traffico paralizzato della tangenziale, non aiutò Marco a uscire dall’accidia che lo pervadeva da mesi. Si sentiva oppresso da un radicato senso di inutilità, tanto più tenace perché non aveva un oggetto preciso contro il quale dirigersi.

Arrivò al giornale dopo quaranta minuti di strada percorsa a passo d’uomo. La linea sbiadita del palazzo, un blocco bianco vapore, era quasi indistinguibile in mezzo alla nebbia.

«La Voce della Libertà» non comprendeva tra i suoi pregi vivacità e spregiudicatezza, e si preoccupava di trasmetterlo già dalla facciata. Nel momento in cui Marco entrò negli uffici, al secondo piano del monolito bianco, il suo telefono squillava da dieci minuti. La segretaria di Quindi rifletteva l’impazienza del capo.

«Dottor Cambi, manca solo lei. I suoi colleghi sono su da un pezzo.»

«Vengo subito.»

Marco si infilò in ascensore, raggiunse il decimo e ultimo piano, salutò l’usciere, seduto nell’anticamera, si fece aprire la porta di vetro antisfondamento e indicare la stanza della riunione. L’usciere distese la mano verso il lungo corridoio sulla destra che portava nel salone del consiglio di amministrazione.

Quando fu dentro, Marco salutò i due colleghi, Giulio Nascetti e Angelo Gozzi, il direttore generale, Franco Balloni, il direttore della «Voce», Giuseppe Illustri, e, in mezzo a loro, Quindi. Prese posto accanto a Nascetti e Gozzi, intorpiditi dall’ora troppo mattutina per le loro abitudini. Circa cinque metri separavano i tre giornalisti e i loro dirimpettai, seduti all’altro capo del lungo tavolo. La distanza era voluta perché davanti a Marco e ai suoi colleghi troneggiavano bottiglie d’acqua e bicchieri di cristallo che dicevano, per l’appunto, voi dovete sedervi qui.


В избранное