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Читаем по-итальянски Marco Bettini Color sangue (22)


Con tutta l’ansia che il luogo poteva mettergli addosso, Marco accelerò il passo verso il reparto di nefrologia, dove l’aveva indirizzato un’impiegata dell’accettazione. Se Luca si trovava lì e non in rianimazione, si consolò, non poteva essere molto grave.

Imboccò la porta, salì a piedi fino al secondo piano, perché aveva letto qualcosa nella cronaca cittadina della «Voce» sugli scassati ascensori del policlinico. Percorse una serie di corridoi tutti uguali, finché trovò la porta di accesso alla sezione maschile. Dalla parte opposta della corsia riconobbe la cognata. Marco si avvicinò, predisposto a una notizia che avrebbe preferito ignorare. Quando si trovò a pochi metri da Claudia, lei finalmente si girò e lo fissò disperata.

La figura atletica, con le gambe snelle e muscolose, i capelli neri, gli occhi lucenti a esaltare il sorriso, che Marco aveva salutato appena una settimana prima, non esisteva più. Al suo posto una ragazzina malferma, imprigionata dentro un camice verde da chirurgo, in preda al panico, schiacciata dal peso di una situazione troppo difficile. Ringiovanita dal dolore in modo eccentrico.

Ora assomigliava a un’adolescente di quindici anni, incattivita da un ingiusto castigo, costretta a inibirsi senza poter reagire. Il viso, sempre bello, mostrava una piega di paura affogata in un mare di infastidita afflizione. Davanti a quella faccia Marco intuì quanto Claudia alimentasse il suo fascino naturale con la vicinanza di Luca.

«Dov’è?» chiese, mentre lei lo abbracciava sperduta.

«Non lo so», sussurrò Claudia. «Aspetto ancora il medico.»

«Cos’è successo?»

«Stanotte si è sentito male e siamo venuti al pronto soccorso», raccontò lei.

«Hanno deciso di operarlo mentre gli facevano l’ecografia al fianco. Il rene era rotto. Tre ore di intervento, molte trasfusioni. Alla fine il chirurgo mi ha detto che gli avevano tolto il rene, ma di stare tranquilla, che sarebbe tornato come prima. Siamo arrivati qui e il medico del reparto m’ha ripetuto le stesse cose. Alle sette se n’è andato. Mentre aspettavo che Luca si svegliasse, è arrivato un altro medico. Lo ha visitato e poi è cominciato un gran viavai, la caposala che correva avanti e indietro e il medico sempre dentro la stanza. L’infermiera mi ha costretto ad aspettare nella sala d’attesa. Ha detto che dovevano metterlo in dialisi per fargli superare i postumi dell’operazione. Allora ti ho cercato al telefono, ma mi sa che è più facile parlare col presidente della repubblica. Adesso, aspetto che me lo riportino.»


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