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Читаем по-итальянски Marco Bettini Color sangue (24)


«Sono il fratello di Luca», si presentò lui. Casti tranquillizzò entrambi. Lo faceva volentieri, ogni volta che si presentava l’occasione.

«Adesso bene. Tra mezz’ora lo riportano in camera.»

Poi il nefrologo si rivolse direttamente a Claudia.

«Signora, dovremmo parlare un momento.»

«Se non le dispiace, preferirei che sentisse anche mio cognato.»

Non voleva ascoltare da sola verdetti inappellabili sulla salute di Luca.

«Va bene», acconsentì Casti.

Marco cercò di spingere in un recesso profondo l’antipatia che provava per i medici e seguì Casti e Claudia nella piccola camera che fungeva da studio, una spoglia e triste stanzetta ospedaliera. La diffidenza di Marco nei confronti dei medici derivava da due ragioni, una professionale e una psicologica. Come giornalista, conosceva storie raccapriccianti sugli sfondoni di chirurghi e specialisti vari, descritte minuziosamente dai loro stessi colleghi.

Psicologicamente, invece, faticava a sopportare la relazione asimmetrica che si instaura tra medico e paziente. Il primo prescrive le norme, l’altro è chiamato a rispettarle. Una dinamica in gran parte inevitabile, ma dura da digerire per un uomo dominato dall’orgoglio come Marco. Perfino il conflitto con Quindi, in confronto, gli sembrava paritario.

I medici più bravi che aveva conosciuto si sforzavano costantemente di superare l’asimmetria nel dialogo con i pazienti. Tuttavia, questa abilità, secondo il giornalista, costituiva più una strategia commerciale che una competenza specifica. Dominato dai suoi pregiudizi, Marco si preparò ad ascoltare Casti. Si sistemò, come Claudia, su una sedia di plastica che aveva compiuto da poco venticinque anni, e si immobilizzò in attesa.


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