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Читаем по-итальянски GRAZIA VERASANI, L'AMORE E' UN BAR SEMPRE APERTO (9)


La mia gavetta è stata abbastanza dura: false promesse di contratti, porte sbattute in faccia, direttori artistici che mi adulavano nei club infimi dove cantavo le mie canzoni intimiste e che poi, l’indomani, nei loro uffici di lusso, non ricordavano nemmeno il mio nome. La sua gavetta come sarà? È il successo che vuole? Il successo… che parola stronza. Io non ci pensavo mai al successo, cantavo perché mi veniva, perché le dita mi andavano sul piano e ne usciva fuori qualcosa.

Sentivo lo stesso un’ansia tremenda, una gran paura, perché il rischio era di rimanere eternamente sospesa dentro una cabinovia di montagna senza arrivare mai in cima. Ora so che non si arriva da nessuna parte, cara Linda, ma a vent’anni anch’io, come te, non lo sapevo ancora.

Alla tua età dubitavo di tutto per indole. Ho sempre avuto questa abitudine di dubitare di tutto, persino dei ragazzi con cui stavo (infatti le mie relazioni con loro non erano altro che delle brevi o lunghe esercitazioni a perderli). Passavo il tempo a cercare complici tra i musicisti più sgangherati della zona, dilettanti dal cuore tenero con cui provavo nelle cantine (di notte, perché di giorno loro lavoravano). Incidevo la mia voce su chilometri di nastro e avevo una voglia di cantare, dentro, più pura di una bombola d’ossigeno.

La mia passione per la musica aveva qualcosa di evangelico, ed ero più che certa che appena ne avessi avuta l’occasione avrei fatto linguacce a tutti i Mangiafuoco che mi avrebbero mostrato il loro biglietto da visita. No, non lo sapevo ancora che tutta quella purezza e quelle belle insolenze giovanili sarebbero diventate, col tempo, le mie occasioni perdute.

Per vivere, mi esibivo al pianoforte nei locali, guadagnando niente o pochissimo, più volte niente. Fino a quella sera in cui vidi il Mangiafuoco, sornione e opulento come un grosso gatto, che se ne stava seduto a un tavolino dentro il Cirenaica, un night-club un po’ snob dove la gente chiacchierava a gran voce mangiando e sorseggiando long drink. A onor del vero devo dire che nessuno mi ascoltava a parte lui. Alla fine del concerto, dopo aver avuto in mancia un paio di applausi svogliati, scappai via dal retro in tutta fretta. I sogni sono fatti per restare tali, mi ripetevo tornando verso casa, coi miei spartiti sottobraccio. Ma quella notte il Mangiafuoco aveva già una mano sopra la mia spalla. Ci fu un contratto, un primo disco, poi un secondo…


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