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Читаем по-итальянски Ian McEwan L'inventore di sogni


Era la cosa peggiore che potesse dire per far infuriare la Cattiva.

- Tu hai visto come siamo costrette a vivere, - strillò. - Siamo in sessanta schiacciate in un angolo della stanza. Ci sei passato accanto migliaia di volte, senza rivolgere neanche un pensiero a come stavamo. A te che importa se siamo accatastate una sull’altra come i mattoni in un muro? Tanto tu non lo vedi quello che ti sta sotto gli occhi. Guardaci! Niente aria, non un po’ di intimità, per molte di noi, neanche un letto. Adesso quella stanza tocca a noi. Quel che è giusto, è giusto!

Un altro fragore si levò dalla folla per essere ancora una volta scandito come uno slogan: - Quel che è giusto è giusto! Quel che è giusto è giusto! - E senza smettere di pronunciarlo, le bambole incominciarono a sciamare sul letto, salendosi sulle spalle per riuscire ad arrampicarsi. Nel giro di un minuto, l’intera ciurma stava ansimante di fronte a Peter, e la Cattiva, che si era ritirata in fondo al letto, agitava la gruccia dalle retrovie della folla al grido di: - Adesso!

Sessanta paia di mani paffute afferrarono la gamba sinistra di Peter.

- Oh-issa! - esclamò la Cattiva.

- Oh-issa! - rispose la folla.

E a quel punto accadde una cosa strana. La gamba di Peter si sfilò. Semplicemente si staccò dal corpo. Guardando dove l’aveva sempre vista, non trovò il sangue che si aspettava, ma una piccola molla che spuntava dai pantaloni strappati. Che buffo, pensò. Chi l’avrebbe mai detto... Ma non ebbe molto tempo da dedicare alle riflessioni, perché adesso le bambole gli avevano agguantato il braccio destro e, tra un oh-issa e l’altro, tiravano. Anche il braccio partì, ed ecco uscire dalla spalla una molla come la prima.


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