Читаем по-итальянски Ian McEwan L'inventore di sogni
Peter si sentiva il cuore battere forte dentro le
orecchie. L’ultima volta che si era trovato in una situazione del genere, lui
era un gatto che poteva contare sui trucchi di un essere umano, questa volta
non era così facile. Cercando di prendere tempo, si passò la mela da una mano
all’altra e disse: - La vuoi davvero questa mela?
- Hai sentito benissimo, - replicò Tamerlane con
voce monotona. - Quella mela è mia.
Peter osservò il bambino che si stava preparando a
colpirlo e gli venne in mente la festa di compleanno di tre settimane prima,
quando Barry era stato così affettuoso e cordiale. E adesso, eccolo li a fare
tutte le smorfie possibili per sembrare cattivo. Che cosa gli faceva credere
che quando era a scuola aveva il diritto di fare e di prendersi tutto ciò che
voleva?
Peter osò distogliere un attimo lo sguardo dall’avversario
e vide il cerchio di facce spaventate che gli si accalcavano intorno. Gli occhi
spalancati, le bocche appese. Tamerlane il terribile stava per mettere a terra
un bambino e nessuno poteva farci granché. Che cosa rendeva tanto potente il
roseo, il paffuto Barry? E all’improvviso, dal nulla, Peter trovò la risposta.
Ma è ovvio, pensò. Siamo noi. Siamo noi che lo abbiamo sognato come il
prepotente della scuola. Non è più forte di nessuno di noi. Tutta la sua forza
e il potere, ce la siamo sognata noi. Noi abbiamo fatto di lui quel che è.
Quando va a casa e nessuno gli crede se fa il prepotente, allora torna se
stesso.
Barry tornò a parlare. - È la tua ultima occasione.
Dammi quella mela o preparati a fare un volo che ti porterà diretto dentro la
settimana che viene.
Per tutta risposta, Peter si portò la mela alla
bocca e ne staccò un gran morso. - Vuoi sapere una cosa? - gli disse
lentamente, senza smettere di masticare. - Io non ti credo. Anzi, se proprio
vuoi saperlo, non credo nemmeno che tu esista.
La folla trattenne il fiato, qualcuno azzardò una
risatina. Peter sembrava talmente sicuro di sé. Magari era vero