Читаем по-итальянски Ian McEwan L'inventore di sogni
Era al sicuro. La stanza gli parve spoglia e piena
di trabocchetti. Si infilò nel letto con scarpe e vestiti, pronto a saltar
fuori, qualora il mostro avesse fatto irruzione. Quella notte, Peter non chiuse
occhio, non fece che correre. Correva a perdifiato nei sogni lungo corridoi
pieni di echi; attraversò un deserto roccioso infestato di scorpioni; si
addentrò in labirinti di ghiaccio; scivolò in un tunnel rosa dalle pareti
spugnose grondanti acqua. Fu a quel punto che si rese conto di non essere
inseguito dal mostro. Era lui che stava invece per saltargli alla gola.
Si svegliò di soprassalto e si mise a sedere sul
letto. Fuori era chiaro. Forse era mattina tardi, o forse primo pomeriggio. La
giornata dava l’impressione di essersi già un po’ consumata. Peter aprì la
porta della stanza e cacciò fuori la testa. Silenzio. Nessuno. Tirò le tende.
Il sole inondò la camera ridandogli coraggio. Fuori gli uccellini
cinguettavano, si sentiva il rumore del traffico e il ronzio di un tagliaerba.
Con il buio, sarebbe tornato anche il mostro. Quel che ci voleva, pensò, era
una trappola. Se fosse riuscito a riflettere e a inventare la sua invenzione, allora
avrebbe potuto sistemare il mostro una volta per tutte. Dunque vediamo, gli
servivano una ventina di puntine da disegno, una torcia elettrica, qualcosa di
pesante per tenere ferma l’estremità di una corda attaccata a un bastone...
Queste riflessioni lo portarono al piano di sotto,
in cucina. Aprì il cassetto. Stava facendo da parte una confezione di sostegni
per candeline da torta accese in occasione dell’ultimo compleanno, quando lo
sguardo gli cadde sul suo dito indice. C’era tutto! Gli era ricresciuto. L’effetto
della pomata era svanito. Stava incominciando a considerare le possibili
conseguenze del fenomeno, quando si sentì una mano sulla spalla. Il mostro?
Macché, era Kate, in carne e ossa e tutta intera.