Читаем по-итальянски Ian McEwan L'inventore di sogni
- Non è incredibile? - commentò Viola Fortune.
- È strabiliante, - ammise Peter. Ma appena sua
madre si allontanò, sferrò in aria un pugno per dare sfogo all’emozione. Sam
Saponetta stava arrivando. Peter non aveva alcuna ragione di credere che casa
sua, il trentotto, sarebbe stata la prossima. Se ne era convinto solo perché
desiderava che succedesse, e tanto bastava. Del resto non poteva neppure sapere
con esattezza quando sarebbe stato il prossimo furto. Ma si era fatto l’idea
che Sam Saponetta avrebbe colpito ancora nel giro di quattro o cinque giorni.
Ora, mentre faceva preparativi riguardo alla
malattia, Peter si andava anche chiedendo come avrebbe fatto a incastrare il
ladro. Fantasticò ogni genere di soluzione, dai trabocchetti, a una rete calata
dal soffitto, un lingotto d’oro coperto di un collante micidiale, dei cavi
elettrici collegati alle maniglie delle porte, la pistola giocattolo, le
freccette avvelenate, il lazo, un sistema di carrucole, corde, martelli, molle,
lampade alogene e cani feroci, schermi a raggi infrarossi, sistemi laser, corde
da pianoforte e il forcone da giardino. Ma Peter non era un incompetente.
Sapeva benissimo che ciascuna di quelle idee poteva funzionare, ma si rendeva
anche conto che un bambino di undici anni quasi sicuramente non sarebbe stato
in grado di servirsene.
Quel sabato rimase a letto a pensare. E si ritrovò a
fissare la vecchia tana del topolino nello zoccolo di legno accanto al suo
letto. I topi non c’erano più da un pezzo, e il foro pareva allungarsi anche
nel muro, per scendere fin sotto le assi del pavimento. Poi osservò la mensola
sulla quale conservava quanto di più prezioso possedeva e all’improvviso ebbe
la soluzione del caso. Comunque, doveva trattarsi di una cosa semplice. Da una
parte c’era la tana di un topolino, e dall’altra il suo regalo del compleanno
precedente che pareva guardarlo e ripetergli: «Usami, usami».
Sedette alla scrivania, prese un foglio di carta e
con mano tremante scrisse una breve lettera, forse la più importante della sua
vita. Poi la sigillò in una busta sulla quale annotò qualche parola, e infine
scese a posarla sul tavolino dove la mamma teneva tutte le bollette di casa. La
sistemò in modo che non si vedesse subito, ma si potesse trovare senza
difficoltà. In stampatello sopra la busta era scritto: da leggersi in caso di
morte improvvisa.