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Читаем по-итальянски Federico Moccia Scusa ma ti chiamo amore


Alessandro si chiude a chiave in camera, si spoglia velocemente, si lava i denti e s'infila nel letto. Accende la tv e saltella qua e là in cerca di qualcosa. Ma nulla lo incuriosisce. Si alza. Apre l'armadio che era di Elena. Vuoto. Apre qualche cassetto. Ci sono solo alcuni pacchettini profumati in stoffa che aveva fatto lei. Ne prende uno. Caprifoglio. Un altro. Magnolia. Un altro ancora. Ciclamino. Nessuno sa di lei. E s'infila di nuovo nel letto, spegne la tv, la luce e poi lentamente chiude gli occhi. Nel buio, prima di addormentarsi del tutto, alcune immagini confuse, ricordi. Quella volta che erano al cinema e dopo aver fatto i biglietti lui si era accorto di aver lasciato il portafoglio in auto. Dopo un po che si frugava nelle tasche, imbarazzatissimo, Elena aveva appoggiato i soldi sulla cassa, dicendo alla cassiera bionda e molto carina, che faceva finta di nulla per non metterlo ancor più in difficoltà: "Lo scusi, è per la parità tra uomo e donna ma ancora non lo ammette e per far pagare me deve fare prima la scenetta". E lui si era sentito sprofondare. O quando gli tolse il fiato entrando in camera da letto, quella camera da letto, vestita solo di un leggero baby-doll trasparente... E poi su quel divano... tum, tum, tum. Con voglia. Con passione. Con rabbia. Con desiderio. Tum, tum, tum. Ma non faceva tutto quel rumore... Tum, tum, tum. Alessandro si sveglia di soprassalto. "Che è? Che succede?" "Sono Uenia."

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