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Читаем по-итальянски Federico Moccia Scusa ma ti chiamo amore


Notte di finestre semiaperte per accogliere un cenno di primavera. Notte di coperte che proteggono e ricordi che lasciano dubbi e un po d'amaro in bocca. Niki si gira e rigira. Il passato, a volte, rende scomodi i cuscini. Ma l'amore cos'è? C'è una regola, un modo, una ricetta? O è tutto casuale e devi solo sperare di avere fortuna? Domande difficili mentre l'orologio a forma di tavola da surf, attaccato alla parete, segna mezzanotte. Fabio. Buffo, quel giorno. Anzi, bello. Me lo ricordo ancora. Settembre. Aria mite e cielo blu scuro di una sera appena iniziata. Lui e gli altri in un concerto improvvisato, dentro un capannone abbandonato, un palco da inventare, mentre su una parete di cartongesso alcuni writer fanno a gara di graffiti e spray. E noi finite lì per caso, grazie a uno di quei soliti passaparola per strada. Mi piace il suo stile. Parole di fuoco per canzoni funky che graffiano il cuore. E Olly a dire che è un bonazzo da paura. E io che mentre lo dice sento una strana fitta di fastidio. Perché è carino. Me ne accorgo. E ogni tanto ci guardiamo e lui mi indica mentre canta. Emozione di due che giocano a distanza sopra e sotto un palco improvvisato, tra scratch e gente che fa popping e balla rapida ed esplosiva su ritmi concitati. E poi, sorpresa, me lo ritrovo a scuola in un'altra sezione e scopro che siamo coetanei, che mi guarda e mi sorride. Sì, è proprio carino. Iniziare a uscire insieme dopo la scuola per un giro in motorino, un gelato, qualche birra ai centri sociali, qualche gruppo da ascoltare durante le prove negli scantinati.

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