Читаем по-итальянски Antonio Tabucchi Si sta facendo sempre piu' tardi (11)
Che stronzo, vero? A volte vengono giri d'idee che non appartengono alla nostra lingua, e ciò non ti sembri strano. O parole, che a volte il mondo sembra fatto di parole uguali fra loro anche se diverso è il modo di intenderle nella loro sostanza. Per esempio la parola anthropos. Questa parola a cui io penso, e che per ciascuno di noi sembra uguale, per ciascuno vuole dire un'altra cosa. Una parola che neppure Linneo, mia Cara, sarebbe riuscito con tutta la sua pazienza a classificare nelle
sue infinite valenze. Nel mio caso, un uomo solo, caso banalissimo fino al ridicolo, visto che giornali e anagrafi, municipi ed autorità oggi lo chiamano single. Ma nel mio caso la singolarità coincideva davvero con la vecchia solitudine.
La più assoluta solitudine, come quella del paesaggio tutt'intorno, fatto di rovi e di ginestre e cipressi sulle colline. Ed è per questo che bussai alla porticina e girai la maniglia. Di solito, in casi come questi, dovrebbe aprire una signora di
una certa età, preferibilmente inglese, con i capelli grigi e magari vesti- ta di un sari, perché ha vissuto in India, una persona che ha meditato a lungo sulle filosofie dell'Oriente e che sa come cavarsela con le vite future. E invece mi aprì una vecchietta dall'aria zotica con una pezzuola nera sul capo e una peluria sul labbro superiore, con quello sguardo opaco e il volto apparentemente ottuso che hanno certi deficienti che però a loro modo sono furbi, e mi disse solo: entri e si accomodi
a sedere, c'è una seggiola che l'aspetta.
Mi disse proprio così: che c'era una seggiola che mi aspettava. E così entrai in una stanzetta angusta, che prima fu una sacrestia, con una finestrella inferriata, dove c'era una sorta di piccolo leggìo e solo una seggiola, uguale identica alla seggiola di Van Gogh. Non ti sto prendendo in giro, pensai addirittura che fosse stata copiata dal quadro, ma era così vecchia e sbilenca che non era possibile che l'avessero copiata, e certo non
era possibile che Van Gogh fosse arrivato fino a lì, la sua era una seggiola della stanza di un povero pazzo della Provenza, in quel caffè che gli faceva da pensioncina, dove gli abitanti di Arles giocavano a biliardo, e quelli che sbagliavano buca finivano in manicomio a girare in cerchio con le casacche a righe come lui li dipinse.