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Читаем по-итальянски Antonio Tabucchi Si sta facendo sempre piu' tardi (5)


Il fiume.

Mia Cara, lo so che ti occupi del passato: è il tuo mestiere. Ma questa è un'altra storia, credimi. Il passato è più facile da leggere: uno si volta all'indietro e, potendo, da un'occhiata. E poi, sia come sia, esso rimane sempre impigliato da qualche parte, magari a brandelli. A volte bastano soltanto l'olfatto e le papille gustative, è notorio: lo sappiamo da certi romanzi, anche belli. Oppure un ricordo, quale che sia: un oggetto visto nell'infanzia, un bottone ritrovato in un cassetto, che so, una persona che essendo un'altra te ne ricorda un'altra, un vecchio biglietto del tram. E all'improvviso sei lì, proprio su quel trammino sferragliante che andava da Porta Ticinese al Castello Sforzesco, come un niente entri nel portone del palazzo ottocentesco, lo scalone ha un corrimano di ghisa lavorata con una testa di serpente, sali due rampe, la porta si apre senza neppure che tu suoni il campanello e non te ne stupisci affatto, anche perché nell'ingresso, sopra il cassettone rococò, dietro la vecchia pendola neoclassica, vedi che lo specchio antico chiazzato di macchie brunastre è attraversato da una ferita che lo fende da un angolo all'altro, e ricordi che quel giorno mi dicesti: una persona con una malattia come la sua non può sfidare così il destino, è come chiamare disgrazie. E a quel punto capisci che la porta si è aperta da sola semplicemente perché lui, che voleva sfidare il destino, è stato fottuto come tutti quelli che vogliono sfidare il destino, chissà dove è mai sepolto, e invece lo specchio ferito è sempre lì, come quel giorno in cui tu capisti chiaramente ciò che doveva succedere.

Oppure prendi un album di fotografie, uno qualsiasi di una persona qualsiasi, come me, come te, come tutti. E ti accorgi che la vita è lì nei diversi segmenti che stupidi rettangoli di carta rinchiudono senza lasciarla uscire dai loro stretti confini. E intanto la vita è gonfia, impaziente, vuole andare al di là di quel rettangolo, perché sa che quel bambino vestito di bianco con le mani giunte e la fascia della prima comunione al braccio, domani (dico "domani" tanto per dire un giorno qualsiasi) piangerà di nascosto perché si vergognerà di se stesso: una piccola turpitudine? Piccola o grande non ha importanza, perché essa prevede il rimorso, ed è di questo che stiamo parlando. Ma quella feroce fotografia, più severa di una governante, non lascia evadere la vera verità dai suoi pochi centimetri. La vita è prigioniera della sua rappresentazione: del giorno dopo ti ricordi solo tu.

Guarda, fu così, ti ricordi?, e per ricordare non potrei neppure citare una poesia, tipo panni poveri stesi ad asciugare, che sono sempre un elemento di malinconia, parlano di vite sconosciute e modeste, e così semplici, di quella semplicità che solo i grandi poeti possono cogliere, o almeno così dicono.

 


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