Читаем по-итальянски Antonio Tabucchi Si sta facendo sempre piu' tardi (7)
Ti avevo detto: ora è finita. Ma senza dirtelo, perché anche il silenzio è carsico. Pensavi che fossi scomparso? Lo fui, restando lì, come nel nulla, sospeso e un po' vagando. Ora mi trovavo in un mio luogo qualsiasi, che era un altro rispetto a quello maestoso di cui parlavo prima: una gola fra i monti con radi olivi, e cespi selvatici che fioriscono quando è tempo.
Ogni tanto pensavo alla conformazione della tua fessura, e la vedevo come se foie inserita nel paesaggio: il
piccolo clitoride nascosto sotto le grandi labbra, timido come certi ometti che si affacciano sulla porta di casa con la paura del postino che ha suonato il campanello, e poi il pube ampio, disteso come un albereto fino al principio del ventre. Dunque ero lontano, in quel frattempo, e questo è fondamentale affinchè tu capisca cose incomprensibili, e la solitudine era grande, là fra i monti. Entrai in una taverna che si chiamava Antartes, che in greco vuol dire partigiano, e anch'io mi sentivo
così, come uno che vive alla macchia, si nasconde e combatte, ma contro chi?, pensavo, beh, contro le cose, si sa com'è, le cose, voglio dire tutto, perché la vita a poco a poco si riempie e intumidisce senza che tu te ne accorga, ma quel gonfiore è un di troppo, come una ciste o un caos, ed a un certo punto quell'insieme di cose, di oggetti, di ricordi, di rumori, di sogni o intersogni non ti dice più niente, è solo un rumore indistinto, un groppo, un singhiozzo che non sale e
non scende, e strozza. Stavo fuori, sotto il pergolato di vite, e mangiavo un piatto squisito fatto con le interiora di agnello, guardavo le gole scoscese di Creta, quelle montagne aspre macchiate dal colore degli oleandri fra il verde degli oliveti, che lì è un verde cupo e lustro, e osservavo un gruppo di capre, che l'oleandro non lo mangiano, loro che masticano persino il pruno, e pensavo: ecco, ce l'ho fatta.