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Читаем по-итальянски Harry Potter e il prigioniero di Azkaban


Quella notte nessuno dormì nella Torre del Grifondoro. Sapevano che il castello sarebbe stato perquisito un’altra volta, e tutta la Casa rimase sveglia nella sala comune, in attesa di scoprire se Black era stato catturato. La professoressa McGranitt tornò all’alba per far sapere ai ragazzi che era riuscito a fuggire.

Il giorno dopo riconobbero ovunque i segni di una sorveglianza più stretta. Il professor Vitious stava insegnando alle porte principali a riconoscere Sirius Black da una grossa foto; Gazza andava su e giù per i corridoi a inchiodare assi dappertutto, dalle minuscole crepe nelle pareti alle tane di topo. Sir Cadogan era stato licenziato. Il suo ritratto era stato riportato su al solitario pianerottolo del settimo piano, e la Signora Grassa era tornata. Era stata restaurata da mani esperte, ma era ancora molto nervosa, e aveva accettato di tornare al lavoro solo con la garanzia di una protezione speciale. Un gruppo di scontrosi troll guardiani era stato reclutato per sorvegliarla. Marciavano per il corridoio in un drappello minaccioso, parlando a grugniti e confrontando la misura delle loro mazze.

Harry non poté fare a meno di notare che la statua della strega orba al terzo piano era rimasta incustodita. Pareva che Fred e George avessero avuto ragione nel dire che solo loro – e ora Harry, Ron e Hermione – sapevano del passaggio segreto al suo interno.

«Credi che dovremmo dirlo a qualcuno?» chiese Harry a Ron.

«Sappiamo che non entra da Mielandia » tagliò corto Ron. «Lo avremmo saputo se qualcuno fosse penetrato nel negozio».

Harry fu felice che Ron la pensasse così. Se bloccavano anche la strega orba, non sarebbe mai più potuto andare a Hogsmeade.

In un baleno Ron diventò una celebrità. Per la prima volta, tutti dedicavano più attenzione a lui che a Harry, ed era chiaro che Ron si stava godendo il momento. Ancora parecchio scosso dagli eventi della notte, era comunque felice di raccontare l’accaduto a chiunque glielo chiedesse, con gran ricchezza di particolari.

«…Stavo dormendo quando ho sentito un rumore, come una cosa che si strappava, e credevo che fosse un sogno, insomma. Ma poi c’era uno spiffero… Mi sono svegliato e una tenda del mio letto non c’era più… Mi sono girato… e l’ho visto in piedi sopra di me… come uno scheletro, con una massa di capelli sporchi… e aveva un coltello lunghissimo, almeno trenta centimetri… e mi ha guardato, e io l’ho guardato, e poi io ho urlato e lui è fuggito».

«Perché, poi?» aggiunse rivolto a Harry, mentre il gruppo di ragazze del secondo anno che avevano ascoltato l’agghiacciante racconto si allontanava. «Perché è fuggito?»

Harry si era chiesto la stessa cosa. Perché Black, una volta sbagliato letto, non aveva messo a tacere Ron e cercato lui? Black aveva dimostrato dodici anni prima che non aveva alcuno scrupolo a uccidere persone innocenti, e questa volta si era trovato di fronte a cinque ragazzi disarmati, quattro dei quali addormentati.

«Forse sapeva che sarebbe stato difficile uscire di nuovo dal castello dopo che tu ti eri messo a gridare e avevi svegliato tutti» disse Harry pensieroso. «Avrebbe dovuto uccidere tutta la Casa per riuscire a ripassare dal buco del ritratto… poi avrebbe incontrato gli insegnanti…»

Neville era nella disgrazia più totale. La professoressa McGranitt era così arrabbiata con lui che gli aveva interdetto qualunque futura gita a Hogsmeade, lo aveva punito e aveva proibito a tutti di dirgli la parola d’ordine per entrare nella Torre. Il povero Neville era costretto ad aspettare tutte le sere fuori dalla sala comune che qualcuno lo facesse entrare, mentre i troll della sorveglianza lo fissavano minacciosi. Nessuna di queste punizioni, comunque, uguagliava quella che sua nonna aveva in serbo per lui. Due giorni dopo l’incursione di Black, spedì a Neville la cosa peggiore che uno studente di Hogwarts potesse ricevere per colazione: una Strillettera.

I gufi della scuola planarono nella Sala Grande portando la posta come al solito, e a Neville andò il boccone di traverso mentre un grosso gufo atterrava davanti a lui con una lettera scarlatta nel becco. Harry e Ron, che erano seduti di fronte, riconobbero subito la lettera: Ron ne aveva ricevuta una così da sua madre l’anno prima.


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